Sintesi dei contenuti
I figli naturali, vale a dire i figli nati fuori dal matrimonio, entrano ufficialmente a fare parte della famiglia attraverso il riconoscimento da parte di uno o di entrambi i genitori.
Gli artt. 250 e seguenti del Codice Civile, che si occupano dei tempi, modi, forma ed effeti del riconoscimento, stabiliscono una distinzione tra figlio naturale riconosciuto e non riconosciuto, tra figlio naturale riconoscibile e non riconoscibile, infine tra figlio legittimato e non legittimato. La distinzione acquista rilevanza anche nell’ambito della successione. Attualmente non esiste un unico status di figlio. La filiazione naturale è richiamata nelle norme sulla successione in generale, sui legittimari e sulla successione legittima. lI Codice Civile dedica poi alcuni articoli alla successione del figlio naturale.
La disciplina che ne deriva, nel complesso, non è ancora nel senso di una piena unificazione dei vari status. lI figlio non riconosciuto o non dichiarato giudizialmente è insieme al figlio non riconoscibile (incestuoso) il figlio privo di status.
Gli art.580 e 594 del Codice Civile riservano ai figli non riconoscibili un legato in base alla legge da far valere al momento dell’apertura della successione nei confronti dell’eredità: l’assegno vitalizio a essi spettante non li rende eredi, ma incide comunque sulla devoluzione e sulla distribuzione del patrimonio ereditario dal momento che esso è pari, nel suo ammontare, come rendita, alla quota ereditaria cui avrebbero avuto diritto se fosse stato un figlio riconosciuto o dichiarato. Presupposto unico è che risulti certo il fatto biologico della procreazione ai sensi dell’art. 279 del Codice Civile.
Ad aver diritto all’assegno vitalizio sono, secondo gran parte della dottrina, non solo i figli incestuosi ma anche coloro che, pur potendo esperire azione per la dichiarazione giudiziale, scelgano il legato piuttosto che la quota di eredità.
Il figlio naturale riconosciuto
Il figlio naturale riconosciuto succede come erede testamentario, come successore legittimo, come legittimario e per rappresentazione (quando qualcuno non voglia o non possa succedere), solo al genitore che lo ha riconosciuto.
La successione del figlio naturale è ritenuta “limitata” per due ragioni. Innanzitutto, i diritti del figlio naturale sono limitati al rapporto col genitore in base all’art. 258 del Codice Civile e alla Corte Costituzionale. In secondo luogo, il diritto di commutazione stabilisce che nel caso di concorso con i figli naturali i figli legittimi possono esercitare il diritto di liquidare al figlio naturale la quota in denaro, sempre che quest’ultimo non si opponga. É una possibilità riconosciuta al figlio legittimo ma comunque subordinata al consenso del figlio naturale.
Il procedimento di opposizione è un procedimento contenzioso. lI giudice deve valutare le circostanze personali e patrimoniali di tutti i soggetti interessati: l’opportunità di tenere unito li patrimonio, la considerazione di legami sentimentali e affettivi ecc.
Il figlio naturale legittimato
Differente dalla posizione del figlio naturale è quella del figlio naturale legittimato, sia per seguente matrimonio (art. 283 del Codice Civile) sia per provvedimento del giudice (art. 284 del Codice Civile): egli è infatti equiparato al figlio
legittimo sul piano successorio. Con il matrimonio che interviene tra conviventi dopo al nascita del figlio, li figlio legittimato è erede legittimo e legittimario; succede come parente fino al sesto grado, può proporre un’azione di riduzione; non è soggetto passivo rispetto al diritto di commutazione.
Il caso della rappresentazione
Si parla di successione per rappresentazione (istituto previsto dall’art. 467 del Codice Civile) nel caso in cui una persona, che per testamento o per legge sia chiamata a succedere a un’altra, non voglia o non possa succedere. Spieghiamo questi due casi. Non voglia ossia non accetta l’eredità o vi rinuncia; non possa, nel caso in cui muoia prima dell’apertura della successione o sia indegna a succedere.
La rappresentazione fa subentrare i discendenti, legittimi o naturali, alla persona che non possa o non voglia succedere: se un figlio è morto prima del padre, nella successione di questo concorreranno con gli altri suoi figli i discendenti di tale figlio, ai quali spetterà la quota che sarebbe spettata al loro discendente. La rappresentazione ha luogo:
- in linea retta, a favore dei discendenti dei figli legittimi, legittimati, adottivi, nonché dei discendenti dei figli naturali del defunto;
- In linea collaterale, a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto.
I discendenti possono succedere per rappresentazione, anche se hanno rinunciato all’eredità della persona in luogo della quale subentrano, o sono incapaci o indegni di succedere rispetto a questa. Perché? Il rappresentante prende il posto dell’istituito e subentra quindi a quest’ultimo come se fosse stato lui stesso istituito dal testatore. Quindi il rappresentante può anche avere rinunciato all’eredità del suo ascendente o essere a lui indegno, ma dovrà avere capacità di succedere o non essere dichiarato indegno nei confronti del defunto.
Il fondamento della rappresentazione si ritrova nell’esigenza di tutelare la volontà del defunto: si presume infatti che, se questi ha voluto beneficiare un soggetto, di fronte all’impossibilità per quest’ultimo di accettare l’eredità, avrebbe preferito avvantaggiare i discendenti di lui piuttosto che altre persone.
L’accrescimento
L’istituto dell’accrescimento può verificarsi solo nel caso di chiamata congiuntiva, cioè quando più persone sono chiamate come eredi. In questo caso se uno dei chiamati non può o non vuole accettare l’eredità per qualunque causa sia, la sua quota è devoluta a favore degli altri eredi. Perché si verifichi questo caso, è anche necessario che non ricorrano le condizioni per farsi luogo a rappresentazione (quando il rappresentante a sua volta non possa o non voglia accettare) e che nella successione testamentaria, il testatore non abbia disposto una sostituzione.
Facciamo un esempio: il de cuius lascia l’eredità a tre chiamati, ma uno di essi non può o non vuole accettare e non ha discendenti; la sua quota, allora, si divide tra i due coeredi rimasti che riceveranno al posto di 1/3, metà del patrimonio. Il senso dell’istituto si trova nella presunta volontà del de cuius. Se questo avesse potuto prevedere la presunta mancanza di uno degli eredi, avrebbe diviso il patrimonio tra gli altri due.
Di contro, e seguendo la stessa logica, l’accrescimento non si verifica quando il de cuius ha disposto diversamente. La chiamata congiuntiva si verifica:
- nella successione legittima, quando più persone, per esempio più figli, sono chiamati nello stesso grado;
- nella successione testamentaria, se si tratta di istituzione di erede, quando gli eredi siano stati chiamati con uno stesso testamento e il testatore non abbia fatto determinazione di parti, ovvero, pur determinando le parti, abbia chiamato i coeredi in parti uguali; se si tratta di legato deve essere ovviamente stato legato lo stesso oggetto a più persone.
La sostituzione ordinaria
Facciamo la seguente ipotesi. Il testatore ha previsto che l’erede chiamato non può (per esempio, nel caso di premorienza, indegnità, assenza, dichiarazione di morte presunta, incapacità di ricevere per testamento) o non vuole accettare (rinuncia all’eredità o decadenza dal diritto di accettare l’eredità stessa) l’eredità o il legato e ha di conseguenza designato un’altra persona in sua vece. In questo caso abbiamo una clausola di sostituzione (art. 688 del Codice Civile). Questa prevale sia sul diritto di rappresentazione sia sull’accrescimento. Il sostituito diviene erede del defunto al posto del primo istituito e si trova nella sua stessa posizione giuridica, sia quanto agli effetti positivi che agli effetti negativi. La sostituzione ordinaria si applica anche nel caso di legati.
I diritti dei nascituri
La capacità di succedere (cioè la possibilità di essere eredi) è espressione della capacità giuridica, grazie alla quale sorge in capo al soggetto l’attitudine a subentrare nella titolarità dei rapporti giuridici di cui era titolare il de cuius.
Non è invece richiesta, ai fini della successione, la capacità di agire.
In base all’art 462 del Codice Civile la capacità di succedere per legge e per testamento è riconosciuta ai nati o ai concepiti al momento dell’apertura della successione. Solo per testamento, invece, possono diventare eredi i figli di una determinata persona vivente al tempo della morte del testatore anche se non ancora concepiti. Detto ciò, è necessario capire chi amministrerà i beni attribuiti ai nascituri. L’art. 643, comma 2, del Codice Civile evidenzia che l’amministrazione dei diritti del nascituro spetta ai genitori del concepito.
Discorso più complesso per quanto concerne l’amministrazione dei beni del non concepito. E infatti, in tale ipotesi, si distingue tra amministrazione e rappresentanza. Quest’ultima spetta ai genitori che hanno il compito di tutelare i diritti successori del nascituro. L’amministrazione invece spetta ai soggetti indicati dall’art. 642 del Codice Civile, ovvero: la persona a favore della quale è stata disposta la sostituzione (vedi sopra) o al coerede o ai coeredi, quando tra essi e l’erede condizionale c’è diritto all’accrescimento