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La successione e l’indennità del lavoratore dipendente

In caso di morte del prestatore di lavorosubordinato (lavoratore dipendente), le indennità indicate dagli artt. 2118 (mancato preavviso) e 2110 (trattamento di fine rapporto) del Codice Civile devono corrispondersi al coniuge, ai figli e, se vivevano a carico del prestatore di lavoro, ai parenti entro li terzo grado e gli affini entro il secondo grado (art. 2112, comma 1, del Codice Civile).
In dottrina si discute se al coniuge separato con addebito spettino le indennità in esame. La risposta positiva è sostenuta dall’art. 12 bis della Legge 898/70 (la Legge “sul divorzio”) che riconosce al coniuge divorziato, che gode dell’assegno di mantenimento, una percentuale dell’indennità di fine rapporto.
La suddivisione delle suddette indennità, se non vi è accordo tra gli aventi diritto, deve essere eseguita secondo i bisogni di ciascuno (art. 2122, comma 2, del Codice Civile). In caso di morte del lavoratore dipendente divorziato che abbia contratto un nuovo matrimonio, qualora oltre al coniuge divorziato e al coniuge superstite esistano anche i figli (o altri parenti o affini a suo carico) aventi diritto all’indennità, questa si distribuisce in due quote, secondo il bi- sogno di ciascuno: una in favore dei figli, la seconda a vantaggio del coniuge superstite e dell’ex coniuge, rispetto ai quali la relativa quota va suddivisa in ragione della durata dei rispettivi matrimoni.
In mancanza delle persone indicate nell’art. 2122, comma 1, del Codice Civile, le indennità sono attribuite in base alle norme sulla successione legittima.

È nullo ogni patto anteriore alla morte del prestatore di lavoro che riguardi attribuzione e partizione delle indennità. È un’applicazione del divieto dei patti successori istituitivi