Sintesi dei contenuti
ToggleIl meccanismo fraudolento si basa su una simulazione contrattuale. Al potenziale cliente vengono prospettate condizioni di finanziamento particolarmente vantaggiose, spesso anche in presenza di segnalazioni nelle banche dati creditizie. Il linguaggio impiegato è volutamente tecnico e burocratico, al fine di attribuire credibilità al soggetto proponente.
L’interazione si sviluppa tramite canali informali quali WhatsApp, Telegram ed email generiche, e si caratterizza per la reiterazione di richieste di pagamento anticipato, motivate da presunte spese propedeutiche all’erogazione del prestito. Una volta ottenute le somme richieste, il truffatore interrompe ogni comunicazione.
Le tecniche fraudolente più comuni includono:
- Creazione di siti web che replicano l’identità visiva di operatori finanziari legittimi.
- Produzione di documentazione fittizia (contratti, informative, ricevute).
- Utilizzo di intestazioni contraffatte riferite a enti notarili o istituzioni bancarie.
- Impiego di numeri telefonici non tracciabili, spesso internazionali.
- Attivazione di account social fittizi o acquisiti fraudolentemente.
La truffa si regge su una richiesta progressiva di somme, giustificate da apparenti necessità operative. Di seguito, un’analisi sistematica delle motivazioni addotte:
Costi di Istruttoria e Gestione Pratica nei finti prestiti
Si tratta della prima richiesta economica avanzata nel contesto della truffa, mascherata da oneri apparentemente legittimi quali “spese di istruttoria”, “compensi notarili”, “diritti amministrativi” o “costi di apertura pratica”. Tali richieste sono quasi sempre accompagnate da documentazione fittizia, redatta con un elevato livello di sofisticazione grafica e lessicale, atta a simulare l’origine da enti riconosciuti o soggetti effettivamente autorizzati, come studi notarili o uffici amministrativi di istituti creditizi.
I pagamenti vengono solitamente richiesti con modalità non tracciabili, quali carte prepagate, conti esteri o piattaforme di trasferimento fondi non soggette a rigidi controlli (es. Western Union o crypto wallet), contravvenendo in modo palese ai principi di tracciabilità, trasparenza e conformità previsti per gli operatori iscritti all’OAM. Il ricorso a questi strumenti costituisce un importante elemento indiziario della natura fraudolenta dell’operazione e ostacola concretamente l’identificazione dei soggetti responsabili.
La giurisprudenza italiana ha affrontato in più occasioni casi analoghi, confermando la configurabilità del reato di truffa ex art. 640 c.p. in presenza di artifici e raggiri volti a indurre in errore la vittima. In particolare, la Cassazione penale (Cass. pen., sez. II, sent. n. 40237/2016) ha ribadito che l’utilizzo di documentazione fittizia e riferimenti ingannevoli a soggetti realmente esistenti integra gli estremi della truffa aggravata, soprattutto se compiuta mediante strumenti informatici o telematici.
Polizze Assicurative Simulate nei finti prestiti
In questa fase, il truffatore richiede la sottoscrizione di una presunta polizza assicurativa obbligatoria, con la motivazione di tutelare l’erogatore del credito in caso di insolvenza da parte del richiedente. Si tratta di una pratica ingannevole che sfrutta un fraintendimento del principio di assicurabilità del rischio nei rapporti contrattuali. In realtà, la polizza in questione non esiste: non viene mai stipulato un contratto con una compagnia di assicurazione abilitata e regolarmente iscritta all’IVASS (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni). Il truffatore può persino fornire falsi certificati assicurativi, completi di loghi ufficiali e riferimenti normativi, per avvalorare la propria richiesta. Il lessico tecnico utilizzato ha la funzione di rendere l’operazione apparentemente legittima e di confondere il richiedente, il quale, attratto dalla promessa di un finanziamento immediato, tende a non approfondire la validità dell’offerta.
La giurisprudenza ha confermato la natura penalmente rilevante di tali condotte. La Corte di Cassazione ha affermato, ad esempio, che la simulazione di obblighi assicurativi inesistenti rientra pienamente nella nozione di “artifici o raggiri” di cui all’art. 640 c.p. (Cass. pen., sez. II, sent. n. 51468/2019). In tale occasione, i giudici hanno evidenziato come la presentazione di polizze fittizie da parte di un sedicente intermediario del credito, finalizzata all’induzione in errore dell’aspirante contraente, costituisca una truffa aggravata, specie se posta in essere con modalità seriali o su larga scala.
Sblocco di Fondi Bloccati nei finti prestiti
Una volta instaurata la fiducia, il truffatore comunica che il prestito è stato formalmente erogato, ma che la somma è momentaneamente bloccata a causa di supposte procedure amministrative o vincoli normativi. Si fa riferimento a “fondi vincolati” presso notai, istituti bancari di appoggio o piattaforme di garanzia finanziaria. Per avvalorare la tesi, la vittima riceve documentazione fasulla: screenshot contraffatti di bonifici bancari, ricevute di presunti accantonamenti o lettere su carta intestata che simulano l’intervento di enti terzi. Questi materiali sono finalizzati a indurre la vittima a versare ulteriori somme con la promessa che, risolta la questione burocratica, l’importo verrà immediatamente sbloccato.
Secondo la Cassazione penale (Cass. pen., sez. II, sent. n. 11278/2020), l’invio di ricevute di pagamento false con lo scopo di avvalorare una prestazione futura integra pienamente la fattispecie del reato di truffa aggravata. In particolare, il collegio ha sottolineato come la simulazione di avvenuti accrediti costituisca un artificio idoneo a incidere sulla volontà negoziale del soggetto passivo, inducendolo a compiere atti dispositivi a proprio danno.
Garanzie Economiche Preventive nei finti prestiti
Infine, viene introdotta la necessità di versare una somma a titolo di garanzia economica, definita con espressioni come “cauzione”, “fideiussione preventiva” o “riserva tecnica vincolata”. Tale richiesta è spesso presentata come condizione imprescindibile per l’erogazione del prestito e viene accompagnata da documentazione apparentemente autentica, come moduli bancari precompilati, attestazioni di disponibilità fondi o lettere firmate digitalmente da presunti responsabili finanziari. Tuttavia, l’intera procedura è destituita di qualsiasi fondamento normativo e risulta in netto contrasto con le prassi degli intermediari iscritti all’OAM, i quali non possono richiedere alcuna somma prima dell’effettiva stipula del contratto di finanziamento e senza un’adeguata valutazione creditizia.
La Corte di Cassazione (Cass. pen., sez. II, sent. n. 20385/2018) ha chiarito che la richiesta di somme a titolo di garanzia economica, in assenza di un contratto valido e formalmente sottoscritto, integra gli estremi del reato di truffa aggravata, specialmente se correlata all’uso di documenti falsi. In tale pronuncia, la Corte ha evidenziato la natura fraudolenta della richiesta di versamenti preliminari spacciati per condizioni bancarie standard.
