Quante volte succede che a seguito di recesso dal contratto con un Operatore di telefonia ci si veda addebitati, con non poca sorpresa, dei “<b a nostro parere ingiustificati? La domanda allora è: sono davvero dovuti tali costi?
La Legge, a proposito, cosa dice?</b
La Legge sembra escluderli, tuttavia il testo, sotto alcuni aspetti poco chiaro del cd. Decreto Bersani del 2007, ha consentito un utilizzo distorto della norma, a favore dei gestori, perpetratosi nel tempo sulla base di una forzata interpretazione.
Se la Legge pone divieto, infatti, di applicare costi alla manifestata volontà di recedere dell’utente, ciò non ha fermato gli operatori della telefonia nel definire diversamente il recesso con espressioni diverse solo nella forma ma nella sostanza identiche.
La poca chiarezza favorisce la confusione e nella confusione, si sa, il più scaltro ha la meglio.
Questo almeno fino alla citata sentenza del 28 settembre 2016. Il Tribunale di Taranto, infatti, affrontando la questione in esame, dà chiare e semplici direttive per la giusta risoluzione della questione ribadendo: ”IL RECESSO NON PUO’ COMPORTARE PER LEGGE DEI COSTI, COMUNQUE DENOMINATI E NEANCHE INDIRETTI.”
Questo è ciò che proprio il Decreto Bersani dice, e pertanto, l’utente che voglia muoversi all’interno del libero mercato recedendo da un contratto di telefonia con un operatore, semplicemente perché non più interessato, o per passare ad altro operatore, nulla deve pagare come “prezzo” della sua scelta.
La successiva disattivazione del servizio, o la cd. “migrazione” ad altro operatore, che sono effetti del recesso, non possono a loro volta comportare costi senza vanificare l’intento del legislatore. Il tentativo di spostare l’attenzione ed il relativo onere economico a carico dell’utente sul momento della disattivazione o migrazione altro non è che un tentativo di raggirare la legge: il recesso è gratuito e tale deve rimanere.
Basta, dunque, a voci nell’ultima fattura che non siano realmente giustificate da un’attività svolta dal Gestore, che quest’ultimo dovrà provare. La sentenza del 28 sett. 2016 mette su un altro tassello a tutela dei diritti del Consumatore che così potrà meglio difendersi.