Perdere una vacanza significa in molti casi perdere molto di più di un viaggio o di un soggiorno.
La vacanza rappresenta spesso, infatti, un’occasione unica, irripetibile e irrinunciabile per concedersi riposo dopo un lungo periodo lavorativo, per un festeggiamento (si pensi ad un viaggio di nozze), per un evento (magari un concerto) o per un’attività inerente la propria crescita professionale e lavorativa (ad esempio un colloquio di lavoro o un viaggio di studio). Ancor peggio, un vacanza andata male può trasformarsi in un vero e proprio incubo e anche piccole inadempienze, carenze informative, ritardi e disservizi possono procurare al turista un disagio ed uno stress correlato alle difficoltà di porvi rimedio nella ricerca di soluzioni alternative rispetto a quelle preventivate.
Sulla base di queste considerazioni il “bene vacanza” è da ritenersi meritevole di garanzie e tutele privilegiate, poichè la sua privazione o il suo mancato godimento recano direttamente un danno alla sfera personale di ciascun individuo.
Il danno da vacanza rovinata è stato contemplato anche dal Codice del Turismo (D. Lgs. 79/2011), che all’art. 47 prevede: “Nel caso in cui l’inadempimento o inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto turistico non sia di scarsa importanza ai sensi dell’articolo 1455 del codice civile, il turista può chiedere, oltre ed indipendentemente dalla risoluzione del contratto, un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all’irripetibilità dell’occasione perduta“.
La definizione non può evidentemente essere meno vaga per poter ricomprendere nel suo ambito ogni ipotesi ed accadimento che possa potenzialmente impedire al turista il pieno godimento della vacanza acquistata, secondo le proprie legittime aspettative di svago e di riposo. Guardando, quindi, alla giurisprudenza possiamo individuare alcuni concreti casi di riferimento:
- in primo luogo può certamente propsettarsi il danno da vacanza rovinata in quelle ipotesi in cui la vacanza stessa sia venuta meno, in parte o in tutto, per disagi o disservi imputabili al trasportopresso il luogo di destinazione (ad esempio per la soppressione del volo, il negato imbarco o il ritardo prolungato);
- non di meno avrà a patire danni da vacanza rovinata il turista il cui bagaglio sia smarrito, danneggiato o tardivamente riconsegnto a seguito del viaggio aereo;
- il danno da vacanza rovinata può, ancora, consistere nella inospitalità delle strutture ricettive, nel caso in cui il turista dovesse vedersi negata accoglienza o dovesse riscontrare livelli qualitativi differenti da quelli pattuiti al momento dell’acquisto del pacchetto di viaggio;
- ugualmente potrà addirittura delinearsi l’ipotesi del danno da vacanza rovinata in ragione della inadeguatezza dei luoghi di soggiorno rispetto alle legittime aspettative del turista (tipico è il caso del danno a causa del mare inquinato).
Questi esempi valgono a rendere l’idea di quanto sia indefinita, e apriori indefinibile, la sfera di interessi che può essere lesa in relazione al godimento della vacanza, così da legittimare la relativa richiesta di risarcimento.
L’ordinamento fa onere al consumatore di informare tempestivamente (o almeno entro dieci giorni dal rientro), mendiante reclamo, l’agenzia di viaggi o il tour operator dei disagi riscontrati, affinché questi possa prontamente porvi rimedio…o almeno provarci. Tuttavia l’omessa presentazione del reclamo non pregiudica la possibilità di esperire la domanda giudiziale di risarcimento, ma potrà al massimo essere posta a fondamento di un presunto concorso di colpa da parte del turista danneggiato, ai sensi dell’art. 1227 del Codice Civile.
Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da vacanza rovinata è di tre anni a decorrere dalla data di rientro del turista nel luogo di partenza. Fa eccezione il caso in cui il danno sia derivato da un inadempimento relativo alla prestazione di trasporto, in relazione al quale resterà da applicarsi il diverso termine di prescrizione previsto dall’art. 2951 del Codice Civile, ovvero dodici mesi o diciotto mesi se il trasporto ha inizio o termine fuori d’Europa